La lingua.
L'olandese per noi italiani è un po' come l'Arabo.
Ma chi lo parla? E' un misto di tedesco, inglese,
frisone etc... Chiunque può capire la difficoltà di
noi studenti "agricoli" ad approcciare con tale
idioma.
Noi che, per giunta, avevamo studiato alle superiori
solo il francese, non riuscivamo a colloquiare con
alcun indigeno. Ma non tutti!
Mariani, (la quaglia n.d.r.) nel suo dialetto cantagallese riusciva a farsi capire e ci faceva da
interprete.
Vai a capire il mondo!
La via delle "donne in vetrina"
Per noi ragazzi l'Olanda era innanzitutto
sesso!
La bigotta Italia del 1971 non lasciava spazio ai
selvatici pruriti giovanili che assillavano le nostre
acerbe menti e qualcos'altro più giù.
Ma ve l'immaginate? Una via con delle donne seminude
esposte nelle vetrine dei negozi? Cosa da far
rabbrividire qualsiasi benpensante penisolano
dell'epoca, non necessariamente clericale.
Arrivati, tutti fremevamo per fare un giro in quella
via, dopo la cena servita al puzzolente ostello di
Amsterdam, dove eravamo alloggiati.
Buonanima del Tandoi (il nostro preside) che di
natura era formalmente formale, intuite le nostre
intenzioni, si preoccupò e non poco delle
conseguenze che ne sarebbero potute derivare.
Ma a risolvere l'impasse ci pensò il bravo prof.
Vicentini che si offrì di accompagnarci e, senza
troppe perifrasi, ci divise in due gruppi: quelli
che volevano scopare e gli altri (eunuchi).
I primi con lui, i secondi affidati all'allora
dirigente dell'Ispettorato Agrario di Macerata che era
in gita con noi e che, forse perché prigioniero
nell'ultima
guerra, masticava il tedesco.
Prima si fissarono le regole. Il prof. sentenziò:
non più di una scopata a testa! Ok! Partimmo, lui avanti
e noi al seguito. Non sapevamo più dove guardare. Ce
n'erano a centinaia, una più bella dell'altra, lungo
la via. Man mano che si camminava uno di noi
sceglieva la sua prediletta ed entrava nel negozio.
Gli altri aspettavano fuori facendo, per l'intanto,
godere gli occhi. Io puntai una mulattina e,
arrivato il mio turno, entrai nella sua alcova. Mi
sorrise e mi prese per mano, portandomi al piano
superiore. Lì si spogliò, invitandomi a farlo anche
a me e quando appena sfiorò le sue calde labbra
sull'intanto granitico mio fratello minore, un
flusso caldo la inondò. Con nonchalance si ripulì e
si rivestì, ancora invitandomi a farlo anche a me.
Ebbene potevo comunque sempre dire che pur abitando
alle Vergini, non ero più vergine (o giù di lì).
La visita ai campi.
Il preside era orgogliosissimo di averci portato in
quella regione nordica, da cui c'era soprattutto da
apprendere, ed aveva pianificato tutto: visita alle
stalle, per ammirare le splendide pezzate olandesi;
visita ai caseifici, dove dal latte si producevano
formaggi ed altri succedanei; visita alle serre,
immense, dove si coltivavano fiori di ogni specie,
bellissimi e pregiatissimi e visita ai campi.
I campi, belli, pianeggianti, erano formati da lotti
di terra rettangolari delimitati da fossati di non
più di un metro di larghezza, dove scorreva un'acqua
pulita e fredda, molto fredda.
Peregrinando da un campo all'altro, preside,
professori ed alunni dovevamo saltare i vari
fossati.
E che ci vuole? Un bello slancio e oplà... saltato.
Tutti, tranne uno, che cadde proprio
nel mezzo e ne uscì zuppo fradicio.
Il nome non lo faccio, per questione di privacy, ma
era del quinto e di Gualdo e successivamente sposò
la nostra collega... Basta!!!