i tombesi in the world

 

 
 
 

 

PARENTELA CON I

 

PALMIERI

 

ramo materno

 

1951 - La famiglia di Palmieri Luigi
Seduti: Palmieri Luigi e Cavalieri Albina, al centro il figlio Adalberto (Filippo)
dietro da sin. i figli Florinda, Lino, Mario e Gina
(davanti la casa di Fontespina)
 
 
 

Luigi Palmieri
Cavaliere di Vittorio  Veneto
(26.01.1893-05.10.1980)
 
Il fante PALMIERI Luigi
Cavaliere di Vittorio Veneto
 
 
Palmieri Luigi, classe 1893, all'inizio della Ia guerra mondiale aveva 22 anni. Egli venne arruolato dall'esercito italiano, comandato dal generale Cadorna, per combattere la guerra che l'Italia aveva dichiarato all'Austria ed alla Germania.
 
Tornato dall'Argentina, dove era andato a "far fortuna" e dove rimase per un solo anno, occupato in costruzioni di linee ferroviarie, finché non capì che stava meglio a coltivare i campi di proprietà della Diocesi di Fermo a  San  Claudio di Corridonia , venne subito spedito al fronte a combattere in prima linea contro il nemico a Caporetto.
 
La prima guerra mondiale segnò il passaggio dal sistema di combattimento corpo a corpo, tipico delle battaglie risorgimentali, a quello moderno che si avvaleva dell'utilizzo di armi, allora non convenzionali, come le mitragliatrici, i cannoni e, successivamente, i carri armati. Ma Caporetto  restò una guerra combattuta corpo a corpo, lungo un fronte formato da trincee in cui i nostri soldati dovevano vivere e combattere,  malnutriti, malvestiti, affossati nel fango, nella melma anche dei loro escrementi, esposti alla pioggia, al freddo ed alla neve.  E chi poteva essere mandato a combattere in quell'inferno se non chi fosse provenuto dalla classe contadina? Gente mite, spesso analfabeta, incapace di disubbidire. Carne da macello di cui le gerarchie militari disponevano a loro piacimento.
 
L'arcigno ed ottuso generale Cadorna aveva ordinato ai suoi ufficiali la fucilazione immediata, sul posto, di chi avesse indietreggiato. Al povero fante non restava che affrontare la probabile morte andando all'attacco o la morte certa tornando indietro. Molti nostri soldati caddero sotto le armi del nostro esercito.
Lo stesso generale era convinto dell'imminente vittoria, ma gli austriaci tennero testa a Caporetto per più di due anni, grazie anche ad armamenti migliori da loro posseduti.
 
Finché, quando il generale Cadorna pensava di poter sferrare l'attacco decisivo all'esercito asburgico e germanico, entrò in azione quello che fu poi chiamato, nella successiva IIa guerra mondiale,  "la volpe del deserto". 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Si trattava del generale Rommel che, nella completa sorpresa ed indifferenza delle gerarchie militari e dello stesso gen. Cadorna, che era stato informato dell'azione da due ufficiali disertori dell'esercito tedesco,  con un abile piano strategico  aggirò il fronte di Caporetto per penetrare nelle retrovie del nostro esercito, completamente indifese e di fatto, con l'ausilio di pochi uomini (da 500 a massimo 1500 ),   riuscì, in un giorno, a fare più di 9.000 prigionieri italiani. Da lì a poco gli fu facile avventarsi contro i nostri connazionali restati nelle trincee del  fronte di Caporetto, cogliendoli alle spalle e compiendo  una vera carneficina.
Quella che per il generale Cadorna doveva essere una vittoria a portata di mano si trasformò, nel giro di due giorni, nella disfatta più cruenta della storia bellica. Essa costò agli italiani 11.000 morti, 19.000 feriti, 300.000 prigionieri, 400.000 fra disertori e sbandati, 3.200 cannoni, 1.700 bombarde, 3.000 mitragliatrici, 300.000 fucili.
Ma i valorosi soldati italiani non si diedero per vinti! Indietreggiando, continuando a combattere,  si attestarono a ridosso del Piave.  Intanto su pressioni degli eserciti alleati (Inglese, Francese, Americano), il  Re Vittorio Emanuele III e l'alto comando militare destituì il gen. Cadorna per sostituirlo con il gen. Diaz, che guiderà l'esercito italiano alle vittorie del Piave e di Vittorio Veneto nel 1918.
 
La prima guerra mondiale costerà all'Italia la perdita di circa 670.000 concittadini. Più del doppio della IIa guerra, che, diversamente, fu persa.
 
Ma in tutto questo gran casino, come fece a sopravvivere il fante ultrasemplice Palmieri Luigi, classe 1893, combattente in prima linea a Caporetto?
gen. Luigi Cadorna                                                     Erwin Rommel
 
Gen. Armando Diaz

 

 
 

 

Egli, mentre era al fronte, venne gravemente ferito da una granata nemica. Trasportato all'ospedale di campo, fu sottoposto ad un veloce, quanto improbabile, intervento chirurgico per asportagli le numerose schegge che l'avevano trafitto. Sopravissuto, venne fatto prigioniero dai tedeschi per tre anni. Tutto ciò accadde prima della disfatta.  Della guerra, però, portava un triste ricordo. Una scheggia, infatti, non gli venne mai rimossa perché era vicino alla colonna vertebrale. Il buontempone non sembrò preoccuparsene troppo e ci visse, tranquillamente, fino ad 88 anni, salvo specializzarsi in meteopatologia.
 
 
 
Ristabilitosi venne richiamato alle armi, ma oramai la situazione era cambiata. Il partenopeo generale Diaz, di probabile discendenza spagnola, si preoccupò più del benessere materiale dei suoi uomini che di vincere la guerra che, comunque vinse proprio come ritorno del ritrovato spirito di combattimento dei soldati.
Luigi partecipò alla battaglia finale di Vittorio Veneto e, vittorioso, se ne tornò per sempre al suo campicello.
 
 
 
Per il riconoscimento della sua azione di guerra (aveva comunque combattuto al fronte restando gravemente ferito) dovette aspettare 50 anni.
Nel 1968, infatti, venne istituito per legge l'Ordine dei Cavalieri di Vittorio Veneto che, oltre a consegnargli le due patacche (croci di guerra) che porta appese nella foto, gli corrispose un vitalizio di << leggete bene >> 60.000 lire.
Direte, bè... magari con 60 mila lire al mese nel ' 68  qualcosa si comprava. Non avete capito bene: sessanta mila lire all'anno! Figuriamoci... al mese.   Si, al mese sono 2,5822844954474  euro.  Mio nonno gongolava e ne era completamente appagato (i veri commenti ve li risparmio perché nel Web non si possono riportare).

 

80° compleanno Palmieri Luigi - 26 Gennaio 1973

Marisa Marinelli, Stefano Tombesi, Luigi Palmieri, Martina Marinelli, Morena Marinelli, Albina Cavalieri, Beatrice Palmieri, Luana Tombesi ed il figlio Gabriele Micozzi.
Un uomo che esce vivo da Caporetto ed  ha visto la morte in faccia tutti i giorni,  non può temere più nulla dalla vita.  E' per questo che nonno Luigi non si arrabbiava mai, nemmeno di fronte le cose più negative, tanto da diventare un buontempone.
 
Cito  due  aneddoti realmente accaduti.
 
Venerdì 5 dicembre 1975
 
La mattina in cui morì la moglie, nonna Albina, eravamo tutti a casa sua. Ricordo nonna distesa sul letto e noi parenti che sconsolati la assistevamo.
Ad un certo punto ci fu bisogno di nonno, ma non si riusciva a trovare. Mi chiesero di cercarlo. Girai e rigirai per la casa, senza trovarlo. Tornai dai parenti dicendo che non l'avevo trovato. Ma non può essere uscito, dicevano. Guarda meglio in casa!
Ritornai sui miei passi, cercando più accuratamente, per quanto si possa in un appartamento di non più di 100 mq.
Ad un certo punto, riaffacciandomi allo stretto e lungo cucinino,  vedo un braccio sporgere da dietro il frigo che era a metà parete. Allora faccio ancora un passo e... eccolo lì! Se ne stava seduto davanti un piccolo tavolino, nascosto dal frigo, intento ad inzuppare biscotti in una robusta ciotola di latte e caffè, apparentemente incurante del mondo.  Gli dico, anche energicamente: ma nonno che fai qui, mentre nonna è di la stesa sul letto?   Lui mi guarda, abbassa la testa verso la ciotola e, senza interrompere l'azione del braccio che gli portava un bel maritozzo inzuppato di latte e caffè alla bocca, esclama sardonico:
sai coccu... mi dispiace tanto 'pe 'tu nonna... ma che non ce magno... no!
 
Domenica 5 ottobre 1980 (giorno della sua morte)
 
Domenica 5 ottobre 1980 ci volle tutti a pranzo: figli, nuore, nipoti, pronipoti etc.. Imbandì una grande tavolata sulla mansarda della sua casa a Fontespina.
 Fu una grande festa, come sono quelle in cui  si ritrovano parenti con i quali ci si vede solo in situazioni particolari.
Alla fine del banchetto lui, che era a capotavola, si alzò pregandoci di ascoltarlo perché doveva farci un discorso. Rimanemmo dapprima stupefatti. Nonno un discorso? Ma non era certo il tipo!
Esordì dicendo che il pranzo l'aveva organizzato perché con l'occasione voleva salutare tutti, in quanto lui sarebbe partito. Figuriamoci il brusio fastidioso e sarcastico di noi giovinastri... Perché nonno, 'ndo vai? Ma le valigie l'hai fatte? E tra noi.. ma, si sarà rincoglionito?
Ma lui, noncurante, proseguì.  Ebbe parole di apprezzamento per tutti, per le cose realizzate da ognuno e a ciascuno impartì le sue raccomandazioni. Di me si complimentò per la mia professione, per la casa che avevo restaurato, augurandomi di proseguire nella strada intrapresa. Redarguì quella che poi sarebbe diventata mia moglie, dicendogli che doveva essere umile e seguire il marito nelle scelte.
Ad un certo punto, pensando che lo scherzo è bello quando è corto, lo interruppi dicendogli: nonno mercoledì prossimo devo essere a Civitanova per lavoro e ti passerò a trovare.
Lui mi rispose: Stefano tu passami pure a trovare, ma non qui, perché io non ci sarò più.
Ce ne andammo tutti senza dar troppo peso alle sue parole, pensando che si trattasse di un momento di smarrimento mentale.
Alle 20,00, mentre ero a cena dai suoceri, mio padre mi raggiunse piangendo. Nonno era morto mezz'ora prima seduto sulla sua poltrona, davanti al televisore. Se n'era andato in silenzio, nel suo stile, senza che si fosse potuto far qualcosa.

Giordana Palmieri, Martina e Marisa Marinelli, Stefano Tombesi

 
 
   

Nonno con ?

Le cocone.... Giordana e Marisa

Gigio de Sgaro' 

anno 1950 circa

da sin. in piedi: Mario, Florinda, Gina, Norina, una pasciuta signora, un altrettanto pasciuto signore, nonna Albina, nonno Luigi, sconosciuto
Dario, davanti seduta Luana, Lino con in braccio ?, sembra Morena, ma non era nata, Adalberto